giovedì 18 agosto 2016

Progetto "Chiena" degli anni 80?


Il Progetto "Chiena" degli anni 80? è stato il più grande atto estetico-rivoluzionario e spettacolare che l'Arte di questi ultimi 30 anni, abbia potuto fare, ad uso e consumo di tutti...che attraverso il recupero, la salvaguardia, e un progetto innovativo di continuità, senza tradire la tradizione, come work in progress, di un'opera d'arte a più mani, ha saputo guardare al futuro, ridando speranza a tutta una comunità duramente colpita dal terremoto!!! 
Quando si dice Campagna, si dice "CHIENA", e quando si dice Chiena, si dice "CAMPAGNA"...(la Civitas Campaniae) - A. Riviello Moscato


p.s. sono famose le definizioni poetiche, di Rino Mele, uno dei più grandi teorici, studiosi e poeti.italiani contemporanei...e proprio questa foto (di Angelo Riviello, con l'assistenza tecnica di Gelsomino Fezza, scattata con Yashica 6x6, pellicola ilford B/N), di un secchio tipico del nostro artigianato, sotto il becco principale della Fontana di Via Giudeca (che fu il simbolo di quegli anni), piacque molto al prof. Mele, profondo conoscitore, non solo di arte in senso ampio, ma anche di fotografia..Com'è famoso il racconto scritto da Alan Frenkiel, dedicato a Campagna, uno scrittore americano figlio della Beat Generation, profondo conoscitore di letteratura, arte, spettacolo, e musica contemporanea...


Foto di Angelo Riviello & Gelsomino Fezza, 1983 (la prima foto
simbolo della Chiena-Rassegna dell'Acqua) anni 80
Il primo manifesto storico della Chiena-Rassegna dell'Acqua
Il Libro/Catalogo storico, bilingue delòla Chiena Rassegna dell'Acqua
(1a ediz. nazionale, 1985)
La Fontana della Chiena, di Angelo Riviello, progettata nel 1982,
 unitamente all'idea progettuale, di recupero, di salvaguardia,
e di spettacolarizzazione con l'Arte e la Cultura del Presente.
 Realizzata nel 1992
Foto di Pompeo Ganelli, 1985 (la prima grande foto della secchiata)


Arte Pubblica - Public Art

https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_pubblica

http://utopiacontemporaryart.blogspot.it/2016/10/fontana-della-chiena.html

https://achienadicampagna.blogspot.it/p/storia-della-chiena.html?showComment=1476742099726

http://utopiacontemporaryart.blogspot.it/2010/07/la-chiena-recuperata-e-restituita-alla.html

Il testo postume di quegli anni 80, di Angelo Riviello Moscato (artista-scenografo, ideatore e curatore, della spettacolarizzazione della Chiena, trasformata in Opera d'Arte nel 1985) pubblicato sul vecchio sito del Comune di Campagna, Anno 2003/2004:
http://www.comune.campagna.sa.it/VecchioSito/index.php?option=com_content&task=view&id=316&Itemid=205

CAMPAGNA CITTA' DELL'ACQUA - 'A CHIENA
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LA CHIENA
Nella settima fatica, Ercole deviò il corso del fiume Alféo per pulire le stalle del re Augia.
A Roma, fino a qualche secolo fa, avveniva l’allagamento di Piazza Navona col fiume Tevere, creando uno scenario fantastico di incomparabile bellezza.
A Torino, nel 1700, un leggero flusso d’acqua del fiume Po, veniva incanalato, per la pulizia, nelle strade più importanti della città.
Nella Città di Campagna, a tutt’oggi vengono deviate le acque del fiume Tenza lungo le strade del centro storico, dando luogo a un evento eccezionale di antica origine, forse unico al mondo, tra la mitologia, la storia e la realtà.
Una “Piena d’Acqua” e una “Piena d’Arte”
Happenings, performances, teatro, mimo, danza, musica, cinema, pittura, scultura, fotografia, installazioni, laboratori, giochi e sfoghi nell’acqua e ai confini con essa, tra malumori e divertimenti, gioie e perplessità.

Gli sfoghi
Tra luglio ed agosto Campagna si riempie d’acqua: il fiume Tenza viene deviato dal suo corso perché diventi linguaggio, perché continui il suo itinerario sotto il segno della finzione e della rappresentazione: il Tenza, incanalato lungo le pietre quadrate della strada principale, varca porte e androni con la semplice superbia di una divinità, si disperde in mille rivoli come le dita moltiplicate di una grande mano. La città viene posseduta dal dio e i ragazzi familiarizzati col mito saltano in groppa al vecchio fiume e lo costringono ad esibirsi (come uno stanco trapezista spinto a fare stupide capriole): un fiume che anche nel nome ha smesso l’aurea corona e il tridente intabarrandosi con pochi stracci da contadino (“Tenza” per Pasquale Natella significa solo “pozza d’acqua”, anzi, scendendo di un gradino, “pozzanghera”). Spettacolarizzare il fiume, torcerne il senso come un giocoso corpo di serpente . . .
Rino Mele

Gli interventi artistici
Rassegna Internazionale dell’Acqua-La “Chiena” : Le Porte dell’Arte, Le Porte dell’Acqua (una situazione per uscire dall’isolamento artistico-culturale, tra occupazione, riflessione, provocazione, trasgressione, recupero, ricerca e continuità)
Angelo Riviello Moscato, aprile 2004
Mi viene da dire, come dichiarò una volta Achille Bonito Oliva, debuttando in un convegno sul tema “Arte Contemporanea nel bacino del Mediterraneo” (mi pare)al Museo d’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato, del 1988 : “...io sono il fautore e il teorico della Transavanguardia...”. Chiaramente, se non avesse avuto gli sponsors, riferimenti precisi nel mondo dell’arte come alleati e soprattutto gli artisti, suoi collaboratori, adatti ad esprimere e a rendere visibile, soprattutto attraverso la pittura, la sua teoria, la sua idea stilistica e progettuale (alcuni dicono la sua scommessa), sarebbe stata per lui, solo una teoria...un desiderio represso…da realizzare...un’utopia...una scommessa né persa e né vinta: una scommessa mancata! Anche lui non sarebbe passato alla Storia, ma alla Geografia (tanto per citare una sua provocatoria, ironica e felice dichiarazione, rivolta a quei critici d’arte, che non allineandosi con lui, forse vittime di una gelosia nei suoi confronti, fino a renderli “impotenti”, non sapevano fare altro che “criticarlo”, in modo patetico, senza la forza e l’”inventiva” di creare un progetto alternativo). Grazie alla sua intraprendenza e convinzione, però, che gli sponsors, i riferimenti precisi nel mondo del sistema dell’arte e gli artisti, che collaborarono, vinsero la scommessa, con un ritorno di immagine all’insegna di un successo globale clamoroso, conquistando finanche gli Stati Uniti d’America (trasformandosi da Transavanguardia Nazionale a Internazionale), che fino ad allòra, dagli anni 50 in poi, con l’Action Painting, e poi negli anni 70 con la Minimal Art, la Land Art (o Arte Ecologica)l’ Arte Concettuale, ma sopratutto con la Pop Art negli anni 60 (grazie al ricco collezionismo privato statunitense nei confronti di una ricerca artistica di punta, nata dalle radici delle avanguardie storiche europee, rappresentate da artisti che per sfuggire alla 1^ guerra mondiale e alla persecuzione nazista, prima della 2^ guerra mondiale, si rifugiarono negli U.S.A, tanto da trasferire la capitale dell’arte, dalla mitica Parigi a New York), esercitavano anche nel mondo dell’arte, una politica di “imperialismo culturale”, e l’Europa, riusciva solo ad esprimere singole personalità, come Lucio Fontana, Alberto Burri, Jean Fautrier, Antoni Tapies, Jean Dubuffet, Francis Bacon, Yves Klein, Piero Manzoni, Joseph Beuys, etc., e alcuni movimenti come l’Arte Cinetica, il Nuovo Realismo di Pierre Restany e la Pop Art Romana detta anche la “Pop Art del Vicolo” negli anni 60 e L’Arte Povera negli anni 70 di Germano Celant.
La “Chiena”...il recupero. Un recupero etnico-ecologico e affettivo. Il recupero di una memoria individuale e collettiva in loco, da far conoscere fuori dalle “quattro mura di casa”, da far riconoscere come Bene universale, come patrimonio dell’umanità. Il recupero di una identità antropologica, storica ed ecologica, subito dopo il tragico sisma del 23 novembre 1980, in cui si pensava a tutto, tranne che salvaguardare noi stessi, il nostro passato, per un nostro futuro attraverso i nostri beni, per produrre positività...per produrre ricchezza, scardinando i luoghi comuni e le inconsapevoli rassegnazioni, fuori dal non usuale...provocando, a volte anche con durezza, il potere vigente. La Creatività contemporanea, al servizio di un evento di antica origine da spettacolarizzare con l’Arte, in una città del Sud Italia...in un territorio, quello dell'entroterra salernitano, ricco di Storia e di Segni, dimenticato da troppi lunghi anni, che chiedeva aiuto...che aveva bisogno di rinascere a nuova vita.
Un argomento questo che rientrava di pertinenza, nella poetica di un artista, che come me lavorava (strafottendosene, a quei tempi, del mercato dell’arte e del “segno” personale e soggettivo che rincorrevano i luoghi deputati dell’arte di mezzo mondo) utilizzando ogni mezzo artistico, in modo interdisciplinare, dalla fotografia al cinema, dalla pittura all’installazione scultorea e sculto-architettura, all’arte comportamentale, come conseguenza di un’idea e di un contenuto, fin dal 1975 sulla Memoria...sulle Radici…e sulla Realtà. Poetica testimoniata da una collettiva tenuta nel 1976 al Palazzo della Permanente di Milano, con un lavoro peculiare, dove esposi la pagella scolastica con foto ricordo di classe (1975-76), dal titolo “Operazione Mnemonica Passiva” e due mostre personali tenute a Salerno, alla Galleria Taide, la prima nel 1978 (dal titolo “Affetti”) e la seconda nel 1981 (dal titolo “godardiano”,“Due o Tre Angoli di Casa” )Nei film, grazie anche alla conoscenza del regista, teorico e poeta Raffaele Perrotta e del film-maker (operatore poi di Vittorio De Seta) Federico Bruno (collocandosi nella ricerca tra un Cinema Indipendente-ex Underground e un Cinema d’Artista), fra gli altri (girati tra il 1975 e il 1976, con montaggio diretto in macchina e con pochi spiccioli, ricavati dalla vendita “in bicicletta” dei libri Einaudi a rate, a Milano), nel 1977, d’estate, a Campagna, girai un film Super 8 sui bagni al fiume Atri “Il Sciumare”, e d’inverno“ Il Maiale” sull’uccisione di detti animaliUn anno dopo, nel 1978, un regista di Cinecittà, Ermanno Olmi gira il film “L’Albero degli Zoccoli”, ambientato nel mondo contadino della bassa bergamasca, dove l’uccisione di un maiale avveniva in modo molto simile, a quello dell’entroterra salernitano (strana coincidenza). Il recupero di una propria radice: autobiografica, intimistica, storica, antropologica e culturale, mediante i ricordi personali e attraverso i luoghi, monumenti, usi e costumi, pre e post sisma...iniziando dall’infanzia post bellica, negli anni 50.
Nel 1991, sul palcoscenico del teatrino di Piazza Teatro, della Città di Campagna, nell’ambito della 7^ Rassegna dell’Acqua (9° anno di recupero della Chiena), abbinata quell’anno, in via sperimentale (per un’ennesima assenza di fondi) al 7^ Festival Teatro Ragazzi, presentai una Performance dal titolo “magrittiano”, “Intervallo: Questo non è un Asino”. Un Omaggio a quattro Asini veri, tra la gioia dei bambini, di quel mondo antropologico contadino scomparso, che interpretavano loro stessi, con voci di attori fuori campo, che ponevano degli interrogativi al pubblico, coinvolgendoli nel coro delle voci a recitare, alla stessa tregua di n rosario, la loro definizione di “Asini”, presa dal vocabolario Palazzi, della lingua italiana. Qualcuno...della classe dirigente dominante, e presente (come partito) in ogni Ente pubblico, provinciale, regionale e nazionale, tentò di fare una querela nei miei confronti. Ma ahimé! Mancavano gli estremi: si parlava solo di "Asini"...di semplici, umili e onesti asini, in via di estinzione nell'uso di animali da soma, nel mondo contadino, ormai oggi, quasi definitivamente scomparso.
Mantenendo intatti i contenuti, in modo intuitivo e creativo, con convinzione e decisione, operai un trasferimento e uno sconfinamento al di fuori delle dimensioni limitate dell’opera canonica (sia essa pittura, fotografia o film), per invadere lo spazio fisico-sociale della città, tanto da ricordare, per alcuni versi quell’Arte Ecologica degli anni 70, di Walter De Maria, Christo, Richard Long, etc.detta anche Land Art o Earth Art (di cui sopra), che consci della lezione di Fontana (con il suo Spazialismo) di un decennio prima, dallo spazio fisico circostante della tela, sconfinarono, estendendosi nello spazio del territorio. Fu, anche per me, un gesto naturale Operare al di fuori dei luoghi deputati dell’arte. Tutto l’opposto di ciò che succedeva allòra nel mondo dell’arte, che si chiudeva in se stesso, nei luoghi chiusi: luoghi del sistema. Operare nella realtà, con l’invenzione di altri luoghi: luoghi aperti, con l’esigenza e nel tentativo di coinvolgere e di avvicinare il pubblico all’arte contemporanea, di renderlo partecipe di un’esperienza, di “...far riflettere sul rapporto tra uomo e natura...”per dirla con Gillo Dorfles, pensando in questo caso, al recupero della Chiena, come ad un Happening degli Happenings, e non solo, ma anche (tra la Chiena e il Museo), come luogo di ricerca, di riflessione, di discussione, di incontri, di laboratori, di sperimentazioni e di “invenzioni”. Scaturì un Progetto.Soddisfacente moralmente per l’uomo artista, ma un Progetto “monco” nei suoi investimenti per uno sviluppo economico, per l’uomo cittadino, per la Comunità, per ignoranza altrui, sopratutto degli Enti Pubblici non adeguati ai tempi, invasi solo, all’epoca, dai “politichini” della partitocrazia, che rappresentavano la negazione assoluta di qualsiasi sviluppo umano e civile, artistico e culturale, sociale ed economico. Incapaci di cogliere le novità, legate al patrimonio preesistente, e di incentivarle per garantire una continuità. Ero molto lontano, in quegli anni, come documentato anche da un mio articolo pubblicato su "L'Umanità - Speciale Arte", del 30 settembre 1983, dagli obiettivi “integralisti” della Transavanguardia, come erano lontani gli artisti (nei vari linguaggi multipli e interdisciplinari, fra arte visiva, performances, happenings, fotografia, installazioni, laboratorio, teatro, danza, musica, poesia...), che di lì a poco, avrebbero aderito, nella sua espansione, all’idea progettuale, invadendo letteralmente la Città di Campagna, dal 1985 al 1994: Francesco Bonazzi, Anna Malapelle e Fausto De Marinis da Verona; Salvatore Anelli e Franco Flaccavento da Cosenza; Sergio Pavone, Antonio Porcelli, Beppe Schiavetta e altri, da Genova; Gaetano Nicola Cuccaro e Arcangelo Moles, da Potenza; Emilio Morandi, da Bergamo; Raffaella Formenti , da Brescia; Nicola Frangione, da Monza; Rosanna Veronesi, Vincenzo Pezzella e altri, da Milano; Alessandro Mautone, Donato Vitiello, Patrizia Marchi, Giovanna Stella La Nocita, da Praiano; Angela Hart O’Brien (irlandese), da Firenze; Birgitt M.Shola Starp e GutteNorrild di Copenaghen; Gisela Robert, di Monaco di Baviera; Barbla e Peter Fraefel da Biel Svizzera; Godwin Ekard, di Vienna; Aitor Romano e Josè Bravo di Caracas; Maria Wojcik di Wroclaw (Polonia); Renata e Giovanni Strada, da Ravenna; Alfonso Filieri, Elisabetta Gut, Gisella Meo,Gloria Persiani, Riccardo Bergamini & Anna Zeppieri, Emilio Leofreddi, Massimo Liberti, Marco Fioramanti, Vincenzo Cozzi e altri, da Roma; Lucia Buono, Ilaria Bona e altri, da Bari; Fulgor C. Silvi, dalle Marche; Camillo Capolongo, Enrico Viggiano, Mariano Mastrolonardo, Nizzo De Curtis, Giuseppe Desiato, Giulia Piscitelli, Pasquale Cassandro e altri, da Napoli; Arturo Casanova e altri, da Caserta; Pina Fiori, da Macerata; Riziero Giunti, Cristiana Moldi Ravenna e altri, da Venezia; Giovanni Canton, Antonio Baglivo, Gerardo Palmieri, Mirella Monaco, e altri, da Salerno; Vito D’Ambrosio, Gelsomino Fezza, Antonio Corsaro, Pompeo Ganelli, Antonio Luongo (detto Antoniuccio), Nino Aiello, Daniele Gibboni e altri, da Campagna; Giorgio Gallotta, Vittorio Scarpa, Pasquale Anzalone, da Eboli; Eva Rachele Grassi e Angelo Ermanno Senatore (nomadi), da Roma, Parigi e da Salerno; Alfonso F. Mangone (nomade), da Firenze, Amsterdam e da Altavilla; Angelo Riviello (il sottoscritto, nomade), da Zurigo, Copenaghen, Milano, Roma e da Campagna, etc.Non avevo e non avevamo speranza altrove, dove imperava solo un Mostrismo di Pittura tout court, di un esercito di gregari senza personalità e dignità, senza idee, senza contenuti, senza dibattiti, senza confronti e senza verifiche, con l’alta sovrintendenza e supervisione, dove a prevalere più forte era un’unica idea (e giustamente), di Achille Bonito Oliva (che stimo e rispetto) e dei suoi “alleati”. Depresso e “incazzato”, registrando con dignità questo humus di dissidenza, mi sentii in dovere di rilassarmi, di divertirmi e di continuare la mia ricerca, tra pubblico e privato e di mettermi a disposizione della mia Città...la Città che ha registrato la mia nascita, dove mi "rifugiai", per non sentirmi “inutile” e “disoccupato” e per giunta senza un sussidio per continuare una ricerca (come avveniva nel resto dell'Europa civile, di nazioni presenti, che conosciamo molto bene, nei confronti dei loro figli, ), in un’Italia, incapace di guardare, di ascoltare e di recepire, nella sua tanto decantata “democrazia”, “civiltà” e “libertà”, nell’abbraccio ipocrita dell’inno di Mameli, altre voci...di figli traditi...diverse dal coro, che non venivano ricambiati nel loro affetto (anche se "irrequieti" per smuovere i luoghi comuni) anche nell’interesse e nei confronti della "madre patria", capace, quando se e quando si ricorda, di rendere omaggio, a questo o a quel dato artista, solo dopo la morte. Un altro luogo comune di cui, pare si vada fieri, nel nostro “bel paese”. E oggi le cose pare che vadano peggio...con la cultura del vuoto che avanza.
La “Chiena” (per ritornare nel nostro specifico), che ha sempre organizzato il Comune di Campagna, nel periodo estivo, fino a pochi anni prima del sisma del 1980, era un mezzo economico, naturale ed ecologico per pulire il corso principale della città: il salotto dei campagnesi. Si affiggeva un’ordinanza amministrativa, in cui il sindaco ordinava e avvisava la cittadinanza della pulizia del corso. La delibera storica che ufficializzava la Chiena (di antica origine imprecisata), è del 1889 (come rilevato da una ricerca di Mario Onesti, da un libro di Storia locale di Raffaele D’Ambrosio). Al tempo stesso, il sindaco dava incarico al banditore di avvisare ulteriormente tutto il resto della popolazione sita nei numerosi quartieri alti e bassi, del centro storico e antico della città. In quel 1889, fu restaurato il canale che captava le acque del fiume Tenza e finanche la pavimentazione del corso Umberto, per meglio far scivolare l’acqua, su progetto dell’ingegnere Antonino Pastore. Si spera in una ripresa da parte del Comune, o di un delegato come la Pro Loco, di riutilizzare la “Chiena”, nel modo tradizionale, e cioè, per pulire le strade del centro storico, anche per differenziarla, dal suo nuovo uso, che scaturì dal 1982 al 1985, elevata, dal sottoscritto, ad “Opera d’Arte”, come intervento sul territorio, partendo dalle proprie radici, da una propria formazione artistico-culturale e dal proprio "essere" artista.
La Chiena dopo il sisma del 1980, rischiava di scomparire, a parte l’emergenza nel caos della ricostruzione, ma anche perché ci si vergognava, nell’arretratezza, di pulire il corso principale della città, con la Chiena, nei confronti dei paesi viciniori, adeguatisi alle conquiste del “progresso civile”, come Eboli e Battipaglia, che per lavare le strade usavano i camion “gettiacqua”…mentre una volta, senza fiumi, per loro era duro, e guardavano con invidia Campagna, che con disinvoltura, si permetteva il lusso di lavare le proprie strade con un fiume…
La Chiena trasformata in Opera d'Arte del 1985, che si fece conoscere a livello nazionale, non fu solo il particolare di un recupero, iniziato nel 1982, con la donazione di una Fontana ridimensionata e rimasta incompiuta (la “Fontana della Chiena”, 1982-94), che doveva rientrare in una Mostra, nel 1984, di idee progettuali per una Rassegna Laboratorio di Scultura (un Cantiere a cura di Angelo Trimarco, di quella Scuola di Critica d'Arte di Salerno...la stessa Scuola di Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Antonio d'Avossa e altri ) e da ubicare in Piazza Guerriero (donazione accettata dal Comune di Campagna, solo nel 1994, senza promuovere la Rassegna legata alla Chiena), che rientrando in un progetto molto più ampio, rappresentava un tassello importante, insieme alla proposta di un Museo d’Arte Contemporanea (Ex Convento dei Frati Domenicani), alla proposta di un Ostello per studiosi e studenti (Ex Complesso Conventuale degli Osservanti-Chiesa della Concezione) e alla salvaguardia dell’assetto Storico-Urbanistico-Architettonico della Città di Campagna, ma fu anche una situazione artistica molto significativa, il frammento di una piccola realtà italiana, che per certi versi ha anticipato di circa vent’anni ciò che si dibatte oggi nelle esperienze artistiche, tra il nord e il sud del Paese, sia nella "spettacolarizzazione" dell'arte, nei vari aspetti comportamentali, che con i laboratori in sito, dove le “Periferie diventano il Centro”, come nel caso della Certosa di Padula (al sud), o nel caso dell’Ex Ospedale Soave di Codogno (al nord), nella pratica di una domanda, da parte di Enti pubblici e privati, nella normale prassi quotidiana dei circuiti dell’arte.
Nel 1985, dopo i primi esperimenti (1982-83-84), a seguito del dissesto stradale di un’insula interamente abbattuta, partì la prima edizione della “Nuova Chiena” che ebbe un eco di risonanza nazionale (il quotidiano “Reporter” riportò l’evento in prima pagina): la scommessa di un “sognatore” accompagnato dalla collaborazione di altri “sognatori” (Antonio Corsaro, Vito D’Ambrosio, Vito e Bruno D’Agostino, Vito Maggio, Mario Velella, e altri), sembrava vinta! Si realizzò un grosso Happening, creativo (e ri-creativo) dell’Acqua, a più mani. Una Piena d’Acqua: il fiume Tenza deviato lungo le strade della Città di Campagna. Una Piena d’Arte: un evento pensato innanzitutto come Opera d’Arte in movimento, sul territorio, con interventi nell'intervento, in cui avveniva di tutto, in piena libertà creativa, con ogni sorta di medium, anche il più povero e improvvisato. Fu un’autentica rivoluzione estetico-poetica e comportamentale, di artisti che si divertirono come bambini. Ci fu una situazione di “resistenza”, che differenziandosi dalle esperienze estetiche della cultura dominante in auge in quel momento, non solo in Italia, diede ampio sfogo alla libertà creativa ed espressiva. Artisti provenienti da ogni parte d’Italia, anche stranieri, che occuparono l’ex Convento dei Domenicani, per farlo diventare un Museo d’Arte Contemporanea (con la complicità scettica dell’Amministrazione Comunale).Artisti che non si riconoscevano nel movimento coatto della Transavanguardia, e/o in altre correnti similari del Post Modern, la cui “novità” era la “non novità”, nel suo eclettismo e disimpegno politico, con un ritorno alla manualità, alla decorazione, all’uso del colore, con riferimenti ad artisti del passato, nella ricerca di punta, elegantemente imposta dal sistema dell’arte. Artisti “disubbidienti” e viaggiatori, quelli che approdarono a Campagna, che scelsero la città come “rifugio”, e che hanno lasciato le loro opere al Convento di Giordano Bruno di San Bartolomeo, un Libro/Catalogo (curato e coordinato graficamente e nelle didascalie scritte, dal sottoscritto) e un segno nella coscienza e nella memoria, individuale e collettiva, dell’intera Comunità Campagnese. Artisti (dei quali, alcuni deceduti) che aspettano ancora una lettera di ringraziamenti dal Comune di Campagna e una mostra omaggio (l’occasione del ventennale, del 2005, penso che sia il momento giusto per farlo) e da tutte le Associazioni culturali, in primis dall’Associazione Giordano Bruno che ha gestito il Museo per tanti anni e, soprattutto dalla Pro Loco, che dal 1996, ha ereditato e gestito le acque della Chiena, nel vuoto di una progettualità, senza riconoscere, per limiti umani, la fonte dei contenuti nel Progetto originario, di chi è stato ed è sempre all’avanguardia nella ricerca artistica e culturale del presente (è il suo "mestiere"), che in una parentesi particolare della propria vita, si è messo a disposizione della comunità campagnese.
Nel 1984, intanto a Milano, un gruppo di artisti, fra i quali Stefano Arienti, anch’essi dissidenti nei confronti dellaTransavanguardia e della Pittura Colta, e di altre correnti similari come Magico Primario, i Nuovi Nuovi, etc., occupavano (senza la complicità dell’Amministrazione Comunale) l’Ex Fabbrica della Brown Boveri, nel Quartiere Isola, a Via De Castillia (ultimo mio domicilio di Milano, con abitazione e studio al n.20 - 3° piano 1^ porta a destra), per farne un Museo d’Arte Contemporanea (Casa Museo Laboratorio). Due anni prima stavano per farlo due artisti campani: il sottoscritto e Vincenzo Pezzella, che già abitavano in una casa occupata del Comune di Milano, in Corso Garibaldi 89, nel condominio con l'ex Fabbrica di Gelati occupata da Luciano Fabro, Hidetoshi Nagasawa, e agli inizi, da Antonio Trotta e altri, e dove venivano spesso a renderci visita Antonio M.Faggiano e due giovani artisti di Benevento, appena sbarcati a Milano, Arcangelo e Pompeo Bocchini. L’intento non riuscì. Gli artisti furono sfrattati e l’ex Fabbrica fu abbattuta (ci stanno riprovando oggi, nella Stecca Artigiani, nella stessa città e nella stessa strada, anch’essa destinata all’abbattimento, per un progetto-telenovela, lungo di vent’anni, e non manca Stefano Arienti, insieme ad altri, come Gabriele Di Matteo, Grazia Toderi, Mario Airò, Loris Cecchini, etc.). A differenza degli artisti che raggiunsero Campagna, il cui intento riuscì. Decollò la Nuova Chiena, e l’Ex Convento dei Domenicani di Giordano Bruno (Casa Museo Laboratorio) fu recuperato, salvandolo così dall’abbandono e dall’incuria del tempo (anche se più tardi, malgrado il vincolo della Soprintendenza ai B.A.A.A.S., fu abbattuto l’Ex Complesso Conventuale degli Osservanti-Chiesa della Concezione: grave atto!). Altri fermenti, con altre occupazioni, di ex fabbriche e pastifici, ci furono a Roma, mi pare, al Quartiere San Lorenzo...ma queste furono solo occupazioni, per rivendicare allo Stato, il diritto ad avere almeno uno Studio…un Atelier, un luogo “gratuito”, per fare ricerca e lavorare da parte degli artisti.
Ironia della sorte: l’impresa “non riuscita”degli artisti di Milano, fu riportata da molte riviste specializzate, e soprattutto da un’autorevole rivista d’arte contemporanea, che nel giro di pochi mesi, fece il giro del mondo…scrivendo così una “piccola pagina” nella Cronaca dell’Arte. L’impresa “riuscita” degli artisti “rifugiati” a Campagna, fu riportata nella stampa normale di molti quotidiani, di riviste culturali generiche e di periodici, che nel giro di pochi giorni, fece il giro d’Italia… non fu registrata nella Cronaca dell’Arte. Mancarono all’appuntamento le riviste autorevoli specializzate, da parte di critici che si dicevano e si dicono attenti alle novità, o più semplicemente, alle diversità, ad eccezione (nei diversi ruoli di approccio) di Rino Mele, Antonio Castaldi, Antonio Bottiglieri, Alfonso Tafuri, Massimo Bignardi, Erminia Pellecchia, Carla Errico, Maurizio Vitiello, Angelo Trimarco, Sabino Manganelli, Simona Barucco, Aldo Elefante, Pino Simonetti, Cristina Tafuri, Antonio d’Avossa , degli scrittori Alan Frenkiel, Ferruccio Massimi, di grafici (e non solo) come Gelsomino D'Ambrosio (famosa la sua Scheda "Campagna" del 1985 con riedizione nel 1996) e altri…Per disinformazione? Non credo...un intellettuale, e in questo caso un critico d’arte intraprendente, attento e curioso, legge i giornali, altrimenti è un semplice cronista...basta dichiararlo! Per debolezza dialettica nei confronti di un vincente e sempre più emergente, incontrastato e carismatico Bonito Oliva? E’ probabile. O per essere più “cattivi”, per omissione culturale? O per pigrizia? Anche questo è probabile! Oppure, per l’isolamento in cui versava (e versa) la città di Campagna...”sconosciuto” paese...o meglio “invisibile” paese (finanche nel nome…confondendo Campagna con la campagna…perciò che insisto con i miei conterranei, con il nome, storicamente più corretto: Città di Campagna, da Civitas Campaniae (come suggerito e fatto ossevare in latino, dal giovane storico Maurizio Ulino), dell’entroterra salernitano, dove era impossibile che succedesse qualcosa? O per carenze nell’organizzazione, dovute soprattutto all’insufficienza di fondi? O perché mal rappresentata politicamente? E’ probabile che sia stato anche un pò di tutto questo. Una cosa è certa: dove non ci sono investimenti, non ci può essere sviluppo! Dove non c'è competenza e convinzione, non si può convincere il resto del mondo! Eppure i soldi, in quegli anni, non sono mancati alla città di Campagna, e certamente non mancavano alla Provincia di Salerno e alla Regione Campania e al Ministero del Turismo e Spettacolo (attuale Ministero della Cultura):...è mancata la sensibilità, la lungimiranza e l'umiltà ad ascoltare. I soldi, all'epoca, pare che prendessero altre vie...
Eppure, nel 1987, ci fu anche una presentazione del Libro/Catalogo della "Nuova Chiena" (bilingue, molto eloquente e ricco di immagini, dell'intervento artistico del Fiume e degli altri interventi artistici, tra la Città e il Museo) al Palazzo Sant'Agostino della Provincia di Salerno, di cui il sottoscritto registrò una cassetta audio a "ricordo" (un documento tuttora ben conservato, a distanza di 18 anni), erano presenti, fra le varie presenze e assenze istituzionali, sopratutto della Regione: il Presidente della Provincia, che porta i saluti; il compianto Pasquale Mirra ( sindaco di Campagna), che apre l'incontro; Giuseppe Acone (docente universitario); Marcello Caleo (docente universitario); Andrea De Simone (consigliere provinciale); Antonio Bottiglieri (assessore provinciale alla cultura) e il compianto D'Orazio Corinto (assessore alla cultura del Comune di Campagna), che chiude l'incontro. Fu un incontro inutile? Non credo! E' un piccolo pezzo positivo, di un mosaico, che dando un suo particolare contributo documentario, rinforza la storia di un passato tuttora attuale.
Una situazione artistica, il frammento di una piccola realtà italiana, che chiede attenzione, per una rilettura e un’analisi più attenta di quegli anni 80, che aspetta ancora di essere riconosciuta, almeno, dal mondo dell’arte italiana, a partire dalla città di Salerno, passando per Napoli e Roma...per finire a Milano e nelle altre città e capitali europee e internazionali, per un’altra “piccola pagina” da scrivere. Ma per far si che ciò avvenga, c’è bisogno di convinzione e di finanziamenti continui, sempre più cospicui, da parte degli Enti pubblici e privati, difendere, risanare, incentivare il patrimonio "sopravvissuto" alla ruspa selvaggia, scommettere e investire sulla rinascita del Museo, dei Fucanoli, con l’integrazione di una Rassegna d’Arte invernale, della durata di un mese, e una tre giorni di un Festival di Musica dell’Anima (Etnica, Jazz, Blues, Pop, Rock, e perché no...Contemporanea) e soprattutto della Rassegna dell’Acqua, affidandone però la cura, a mani competenti, e non a “hobbisti” da “dopolavoro”, i quali dovrebbero solo amministrare e presenziare (e bene anche!), se si vuole uscire fuori dall’isolamento culturale e produrre ricchezza, se si vuol essere ascoltati, con autorevolezza, per prima cosa dall'Ente pubblico Provinciale (basta guardare lo splendido volume fortemente voluto dal Presidente Andria, a conclusione del suo mandato, a cui va il nostro plauso, promosso e pubblicato dall'Ente, nelle Edizioni l'Orbicolare 2004, dal titolo "SALERNO fascino di una provincia mediterranea"per rendersi conto di come è stata trattata la Storia di Campagna:...sempre più "città invisibile" e in "castigo dietro la lavagna"). Gli stessi finanziamenti, che in quegli anni 80 non furono stanziati, per far decollare, sia la città/territorio, nel suo aspetto storico-artistico-urbanistico e monumentale, afflitta dalle gravi conseguenze del sisma, e che aveva bisogno di crearsi un futuro, che il nascente Museo, la Nuova Chiena, i Nuovi Fucanoli, e quella situazione storica di artisti che rappresentarono la punta di un iceberg, per un disgelo lento, fino agli anni 90. Un’eccezione che come quella di Milano, nell’arte, confermò, e conferma, la regola!
Mi piace finire, citando un passaggio finale “premonitore” e “profetico” (sempre attuale) di Rino Mele, di uno scritto a testimonianza di ciò che fu realizzato in quell’inizio degli anni 80, sia come Casa Museo Laboratorio nascente e sia come esperienza di ridestinazione d’uso della “Chiena”: “...Campagna è troppo piccola perché molti altri si accorgono dell’eventuale fallimento del suo spazio simbolico, ma è anche abbastanza grande perché questa piccola impercettibile catastrofe risuoni di eco in eco sommandosi alle valanghe di azioni mancate, peccati di omissione culturale cui è sempre troppo tardi rimediare...”.

Angelo Riviello Moscato
Note Bibliografiche:
Rino Mele - “Il Convento di Giordano Bruno” - Libro/Catalogo “ ‘A Chiena-Kermesse Nazionale d’Arte Contemporanea” - Edizioni Museo Campagna - Campagna 1987
Gillo Dorfles - “ Storia delle Arti Visuali” - Edizioni Atlas - Bergamo 2000



Il testo di questo link, sul blog di "Informazione Quotidiana", scritto nel 2013, da una certa Stefania Paradiso (giornalista? pubblicista?), non fa altro che ripetere parole scritte, precedentemente e abbondantemente da altri, senza mai citare la fonte, come nel caso di Angelo Riviello Moscato, da testi presi dal vecchio sito del Comune di Campagna, dopo una ricerca in rete, dove di sicuro ha trovato il blog di Utopia Contemporary Art, che sull'argomento espone da anni, anche per i palati più raffinati, una storia mai scritta sulla Chiena, documentata e vissuta sul campo. Fino a quando dobbiamo sopportare? Non sarebbe il caso di dare un buon esempio denunciando qualcuno di plagio, per tale comporatmento professionale, eticamente inaccettabile?
http://www.informazionequotidiana.it/2013/08/16/a-chiena-la-passeggiata-nellacqua-a-campagna/11492/

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